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Come si valuta il rischio per lavoratori con dispositivi medici portati sul corpo (A.8)?

I lavoratori portatori di dispositivi medici portati sul corpo rientrano tra i soggetti particolarmente sensibili all'esposizione a CEM.

I dispositivi medici portati sul corpo -quali ad esempio le pompe per infusione di farmaci/ormoni - rientrano nel campo di applicazione della direttiva concernente i dispositivi medici (93/42/CEE, emendata con la Direttiva 2007/47/CEE, che sarà superata nel 2020 dal nuovo Regolamento 2017/745). Pertanto, in mancanza di informazioni più specifiche, le considerazioni relative alla valutazione sono uguali a quelle dell’interferenza con altre attrezzature mediche elettroniche.

Dal 30 giugno 2001 tutte le attrezzature elettroniche mediche immesse sul mercato
 messe in servizio nell’Unione europea devono rispettare i requisiti essenziali della direttiva concernente i dispositivi medici (93/42/CEE modificata). In realtà gran parte delle apparecchiature messe in servizio dopo il 1 gennaio 1995 sono conformi alla direttiva concernente i dispositivi medici.

I requisiti essenziali prevedono che i dispositivi devono essere progettati e fabbricati in modo da eliminare o ridurre al minimo i rischi connessi con condizioni ambientali ragionevolmente prevedibili, in particolare quelli connessi con i campi magnetici, le influenze elettriche esterne, le scariche elettrostatiche.

In pratica i fabbricanti ottengono la conformità ai requisiti essenziali della direttiva concernente i dispositivi medici fabbricando i propri prodotti nel rispetto di un’appropriata norma armonizzata. Per quanto riguarda l’immunità alle interferenze, la norma principale è la EN60601-1-2, benché anche norme particolari possano contenere prescrizioni in materia. Benché i requisiti essenziali per l’immunità ai campi elettromagnetici siano identiche
 nella direttiva concernente i dispositivi medici e nella direttiva per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati Membri relative ai dispositivi medici impiantabili attivi (DMIA), l’interpretazione nelle norme armonizzate non lo è. Le versioni di EN60601-1-2, fino all’edizione 3 inclusa (2007) prescrivono che le funzioni essenziali dell’apparecchiatura non devono essere compromesse dall’esposizione a:

·      campi magnetici a frequenza industriale fino 3 A/m (3,8 μT); 


·      intensità di campo elettrico fino a 3 V/m a frequenze da 80 MHz a 2,5 GHz (i campi a modulazione di ampiezza hanno di solito 1 kHz); 


·      per le apparecchiature di sostegno vitale l’immunità all’intensità di campo elettrico tra 80 MHz e 2,5 GHz è aumentata a 10 V/m. 


Sulla base di questi valori è possibile valutare il potenziale di interferenza con le attrezzature mediche elettroniche. 
L’edizione 4 (2014) di EN60601-1-2 affronta il problema della coerenza tra la direttiva concernente i dispositivi medici e la direttiva per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati Membri relative ai dispositivi medici impiantabili attivi. Essa impone al fabbricante di prevedere ambienti adatti per l’uso e rende più rigorosi i livelli di immunità per i dispositivi da utilizzare nell’assistenza sanitaria domestica. 
La norma ammette altresì che raggiungere questi obiettivi di immunità sarebbe difficile per le apparecchiature concepite per monitorare parametri fisiologici. Per tali apparecchiature ammette quindi un’immunità inferiore, considerando che saranno prevedibilmente utilizzate in ambienti a basso campo. 


La norma ammette altresì che raggiungere questi obiettivi di immunità sarebbe difficile per le apparecchiature concepite per monitorare parametri fisiologici. Per tali apparecchiature ammette quindi un’immunità inferiore, considerando che saranno prevedibilmente utilizzate in ambienti controllati e con livelli di campo noto (per esempio strutture sanitarie).

È utile sottolineare che tutti i dispositivi medici prodotti dal 1 gennaio 2019 dovranno essere conformi con la nuova edizione della EN60601-1-2 del 2015 (edizione 4).

L’edizione 4 di EN60601-1-2 riconosce che le comunicazioni wireless a radiofrequenza non possono essere proibite negli ambienti dove ci sono dispositivi medici (inclusi i dispositivi medici indossabili), che oltre alle strutture sanitarie possono essere anche ambienti domestici. Essa impone al fabbricante di specificare l’ambiente di utilizzo del dispositivo medico (struttura sanitaria, ambiente domestico o ambiente speciale come aree militari o industriali) e aumenta i livelli di immunità. In particolare, il limite per l’immunità a campi elettromagnetici a radiofrequenza è fissato a 3 V/m per dispositivi usati in strutture sanitarie e a 10 V/m per i dispositivi usati in ambiente domestico, nel range di frequenza a 80 MHz a 2,7 GHz. Inoltre, indipendentemente dall’ambiente di utilizzo, il limite per l’immunità a campi magnetici a frequenza industriale passa da 3 A/m a 30 A/m e sono previsti test aggiuntivi per garantire l’immunità a sistemi di comunicazione a radiofrequenza di uso comune, come i sistemi GSM, UMTS, LTE, il Bluetooth, le reti Wi-Fi ecc…, ad una distanza di 30 cm. Questa distanza può risultare anche minore (maggiore livello di immunità), e deve essere sempre indicata dal fabbricante nel manuale d’uso del dispositivo.

In conclusione, per i dispositivi medici indossabili e non di supporto vitale prodotti prima del 1 gennaio 2019 è ammessa un’immunità di 3 V/m a campi elettromagnetici radiati (80 MHz-2,5 GHz); questo valore è inferiore ai livelli di campo ammessi per la popolazione generale. I dispositivi medici indossabili prodotti dopo il 31 dicembre 2018, essendo destinati ad essere utilizzati in ambiente domestico, devono soddisfare un livello di immunità di 10 V/m per campi elettromagnetici radiati (80 MHz-2,5 GHz), e garantire inoltre assenza di rischi ad una distanza uguale o minore di 30 cm dai sistemi di trasmissione mobili più comuni.

È utile ricordare come il fabbricante sia tenuto a riportare nel manuale d’uso tutte le indicazioni necessarie per un uso sicuro del dispositivo stesso, comprese quelle relative all’esposizione a campi elettromagnetici.

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