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Prevenzione e protezione - Rischio UV Solare

 

Nell'attuare le misure di tutela va tenuto sempre conto che il rischio da radiazione UV è strettamente collegato - oltre che all'esposizione- anche ai fattori individuali, per cui l'attuazione delle misure di tutela conseguenti la valutazione dell'esposizione va effettuata lavoratore per lavoratore in relazione anche ai dati personali (fototipo, farmaci, patologie), e lavorativi (presenza di agenti fotosensibilizzanti cfr. tab 1) in stretta collaborazione con il medico competente.
In particolare i lavoratori outdoor, ad esempio in agricoltura, nel comparto pesca e nella cantieristica, sono spesso esposti ad alcune delle sostanze fotosensibilizzanti cui in tab. 1
Il fototipo ci indica come la pelle reagisce all'esposizione al sole. In base al colore della pelle, dei capelli, alla comparsa di eritemi e all'attitudine ad abbronzarsi.
Possiamo distinguere i 6 differenti tipi di pelle (fototipi) riportati in tabella. Per semplicità, possiamo assimilare il fototipo 1 (quasi albino) al 2 (pelle molto chiara) ed il fototipo 6 (pelle nera) al 5 (pelle molto scura). Più basso è il fototipo maggiori saranno le probabilità di scottarsi e maggiore sarà il rischio di danno da esposizione solare, in particolare quello relativo alla comparsa di tumori cutanei. Essendo il fototipo espressione delle caratteristiche costituzionali dell'individuo in grado di condizionare la risposta alle radiazioni solari è fondamentale valutare preventivamente questo fattore in relazione all'attività outdoor che il lavoratore dovrà svolgere.

Fototipo 1 Capelli rossi o biondi. Pelle lattea, spesso con efelidi.
Si scotta sempre. Non si abbronza mai.
Fototipo 2 Capelli biondi o castano chiari. Pelle chiara.
In genere si scotta. Si abbronza con difficoltà.
Fototipo 3 Capelli castani. Pelle chiara con minimo colorito.
Si scottano frequentemente. Abbronzatura chiara.
Fototipo 4 Capelli bruni o castano scuri. Pelle olivastra.
Si scottano raramente. Si abbronza con facilità.
Fototipo 5 Capelli neri. Pelle olivastra.
Non si scottano quasi mai. Abbronzatura facile e molto scura.
Fototipo 6 Capelli neri. Pelle nera. Non si scottano mai.

SOGGETTI PARTICOLARMENTE SENSIBILI AL RISCHIO

  • Donne in gravidanza: per quanto disposto agli artt.28 e 183 del DLgs.81/08 nonché all’art.11 del DLgs.151/01, in assenza di sicure informazioni reperibili nella letteratura scientifica, sarà cura del Medico Competente valutare l’eventuale adozione di cautele specifiche. Particolare attenzione va riservata alla possibile azione sinergica di condizioni microclimatiche e radiazione UV;
  • Albini e individui di fototipo 1-2;
  • I portatori di malattie del collagene (Sclerodermia e Lupus Eritematoso nelle sue varie forme, dermatomiosite, poliartrite nodosa, sindrome di Wegener, sindrome antifosfolipidi, ecc.) Tra le dermatosi esacerbate dalla luce è ben noto il comportamento del Lupus eritematoso discoide: il suo peggioramento consequenziale all’esposizione al sole è un fenomeno temibile, anche in funzione di un possibile viraggio verso la forma sistemica indotta dalla fotoesposizione.
  • I soggetti in trattamento cronico o ciclico con farmaci fotosensibilizzanti (quali ad esempio: antibiotici come le tetracicline ed i fluorochinolonici; antinfiammatori non steroidei come l’ibuprofene ed il naprossene; diuretici come la furosemide; ipoglicemizzanti come la sulfonilurea; psoraleni; acido retinoico; acido aminolevulinico, neurolettici come le fenotiazine; antiaritmici come l’amiodarone); vedasi Tabella 1;
  • I soggetti affetti da alterazioni dell’iride (colobomi, aniridie) e della pupilla (midriasi, pupilla tonica);
  • I soggetti portatori di drusen (corpi colloidi) per esposizioni a luce blu (nel caso di elevata luce visibile riflessa: lavorazioni outdoor a mare o su neve/ghiaccio/marmo);
  • lavoratori che abbiano lesioni cutanee maligne o pre-maligne;
  • Lavoratori affetti da patologie cutanee fotoindotte o fotoaggravate, per esposizioni a radiazioni UV. Queste patologie comprendono quadri assai rari come lo xeroderma pigmentoso, accanto ad altri molto comuni come la dermatite polimorfa solare

Ai fini della sorveglianza sanitaria devono essere cautelativamente considerati particolarmente sensibili al danno retinico di natura fotochimica i lavoratori che hanno subito un impianto IOL (Intra Ocular Lens; “cristallino artificiale”), in particolare per esposizioni outdoor con elevata luce visibile riflessa (cave marmo, lavorazioni su ghiaccio/neve, lavorazioni su superficie  acqua).

Tabella 1 – Agenti fotosensibilizzanti (ICNIRP 2007)

AGENTI

Incidenza

Tipo di reazione

Intervallo delle lunghezze
d'onda efficaci

Agenti fotosensibilizzanti dopo somministrazione/contatto  locale

Solfonammidi e prodotti chimici associati (schermi solari, sbiancanti ottici)

n.d.*

fototossica e fotoallergica

290 - 320 nm

Disinfettanti (composti di salicilanilide in saponi e deodoranti)

n.d.

fototossica e fotoallergica

290 - 400 nm

Fenotiazine (creme, coloranti e insetticidi)

n.d.

fototossica e fotoallergica

320 nm - Visibile

Coloranti

n.d.

fototossica iperpigmentazione

Visibile

Catrame di carbone e derivati (composti fenolici)

n.d.

fototossica

340 - 430 nm

Oli essenziali (profumi e acque di colonia)

n.d.

fototossica iperpigmentazione

290 - 380 nm

Composti furocumarinici (psoraleni)

n.d.

fototossica iperpigmentazione

290 - 400 nm

Solfuro di cadmio (tatuaggi)

n.d.

fototossica

380 - 445 nm

Agenti fotosensibilizzanti dopo somministrazione orale o parenterale

Amiodarone

Alta

fototossica

300 - 400 nm

Diuretici a base di tiazide

Media

fotoallergica

300 - 400 nm

Clorpromazina e fenotiazine associate

Media

fototossica e fotoallergica

320 - 400 nm

Acido nalidixico

Alta

fototossica

320 - 360 nm

Farmaci antinfiammatori non steroidei

Bassa

fototossica e fotoallergica

310 - 340 nm

Protriptilina

Alta

fototossica

290 - 320 nm

Psoraleni

Alta

fototossica

320 - 380 nm

Sulfamidici (batteriostatici e antidiabetici)

Bassa

fotoallergica

315 - 400 nm

Tetracicline (antibiotici)

Media

fototossica

350 - 420 nm

 MISURE TECNICHE ED ORGANIZZATIVE DI PREVENZIONE

  • Fotoprotezione ambientale: Usufruire sempre – ove possibile - di schermature con teli e con coperture.
  • Organizzare l’orario di lavoro, ove possibile, in maniera tale che durante le ore della giornata in cui gli UV sono più intensi (ore 11,00 – 15,00 oppure 12,00 – 16,00 con l'ora legale) si privilegino i compiti lavorativi che si svolgono all’interno o all’ombra, riservando i compiti all’esterno per gli orari mattutini e serali in cui l’esposizione agli UV è minore.
  • Consumare i pasti e sostare durante le pause sempre in luoghi ombreggiati.

Al riguardo va sempre tenuto conto che:

  • Anche quando il cielo è nuvoloso vi è esposizione alla radiazione solare UV, infatti le nuvole non sono in grado di bloccare il passaggio dei raggi ultravioletti. Vento e nuvole, riducendo la sensazione del calore del sole sulla pelle, possono indurre a pensare che non vi sia rischio di scottature; in realtà questo non è vero, pertanto bisogna proteggersi anche in queste situazioni.
  • È necessario proteggersi anche in autunno-inverno e non solo in primavera-estate. Alle latitudini della Regione Toscana la protezione è necessaria da marzo ad ottobre per ambienti outdoor con radiazione riflessa bassa o moderata ( terreno, acqua,  cemento, asfalto, erba) ed in tutti i mesi dell’anno, inclusi novembre – gennaio, per lavorazioni outdoor con radiazione riflessa elevata ( neve, ghiaccio, marmo bianco) con cielo sereno.
  • Il vetro blocca quasi totalmente la trasmissione della radiazione ultravioletta.
  • L'esposizione al sole durante i periodi passati all'aria aperta per svago o sport può creare un danno che va a sommarsi a quello che si verifica durante l'esposizione per motivi professionali.

Gli indumenti protettivi

Protezione della pelle

È consigliabile indossare un cappello a tesa larga e circolare (di almeno 8 cm.) che fornisca una buona protezione, oltre che al capo, anche alle orecchie, naso e collo. I cappelli "da legionario" sono ottimali.
 I berretti da baseball con visiera  - largamente usati nelle lavorazioni outdoor -  invece non  forniscono protezione per le orecchie e per il collo che essendo aree particolarmente fotoesposte dovranno comunque essere protette dalla radiazione UV (vedi fig. 1).
Il cappello deve essere di  tessuto che non lascia passare gli UV.

figura 13 figura 14

Figura 1

Quando si lavora al sole, anche se fa caldo, non bisogna togliersi i vestiti (mai esporsi a dorso nudo), vanno  invece usati abiti leggeri e larghi che non ostacolino i movimenti, con maniche lunghe ed accollati e pantaloni lunghi.

I tessuti devono garantire una buona protezione dai raggi UV e devono essere freschi per l'estate.
La capacità degli indumenti, abiti e cappelli, di trattenere i raggi ultravioletti dipende da svariati fattori:
Umidità: un tessuto bagnato è meno efficace nel proteggere dagli ultravioletti rispetto ad un tessuto asciutto.
 I tessuti scuri proteggono meglio rispetto a quelli chiari
Le fibre per la loro struttura hanno una capacità di assorbire, e quindi non trasmettere, i raggi UV diversa tra loro. Le fibre acriliche proteggono molto meglio della seta e, quest’ultima, meglio del cotone. La lana fornisce una buona protezione, ma non è proponibile nei mesi estivi. Una buona combinazione è cotone/poliestere che è fresca e protegge bene. Meno protettiva la T-shirt di cotone che lascia passare fino al 30% della radiazione ultravioletta.
Tessuti a trama “fitta” sono molto più efficaci dei tessuti a trama “rada” nel trattenere gli UV. Più un tessuto è denso e spesso, tanto maggiore è la protezione dai raggi UV che fornisce. Se è possibile osservare delle immagini attraverso il tessuto tenuto davanti ad una lampada, il potere di protezione è molto basso; se filtra attraverso il tessuto solo la luce, il potere di protezione è modesto; se la luce non filtra il potere di protezione è ottimo. Infatti dove passa la radiazione luminosa, passa anche la radiazione UV.
Da alcuni anni, in Paesi come l’Australia, è insorta la consuetudine di apporre ai capi di abbigliamento un’etichetta che riporta il fattore di protezione degli indumenti stessi, denominato UPF (Ultraviolet Protection Factor), che permette di definire il grado di protezione dagli UV offerto da un tessuto, analogamente a quanto l’SPF (Sun Protection Factor) indica per le creme antisolari. Se un tessuto ha un UPF di 30 significa che la pelle coperta da questo tessuto è protetta 30 volte di più di una pelle esposta senza protezione. Recentemente, anche in Italia sono prodotti tessuti anti UV ad altissima protezione i quali possono vantare un’ottima accettazione da parte del lavoratore. Per identificare e garantire la qua­lità dell’abbigliamento protettivo ai raggi UV, UNI ha pubblicato le norme tecniche della serie UNI EN 13758. Tali norme specificano un metodo di prova per la determina­zione della capacità dei tessuti di filtrare le radiazioni ultraviolette, al fine di assegnare al tessuto stesso delle proprietà protettive (il famoso UPF - Ultraviolet Protecion Factor) ai raggi solari UV. Esse stabiliscono un pittogramma che può essere applicato ai capi di ab­bigliamento con UPF maggiore di 40, concepiti proprio per offrire alle persone che li indossano una protezione contro l’esposizione ai raggi UVA e UVB.
Le prove vengono effettuate in laboratori specializzati con strumenti specifici.
I capi di abbigliamento “anti-UV” conformi alle norme UNI si riconoscono perché sono marcati e riportano -oltre al pittogramma mostrato in fig. 1  (sole giallo con ombreggiatura, profilo e caratteri neri)- il numero della norma e l’indicazione del fattore protettivo “40 ” oltre ad alcune in­formazioni (che solitamente si trovano sull’etichet­ta o sul materiale informativo che accompagna il prodotto).
Ad esempio le frasi:
• “l’esposizione al sole causa danni alla pelle”
• “soltanto le aree coperte sono protette”
• “assicura la protezione UVA UVB per l’esposizione al sole”.

Bisogna naturalmente ricordare che il grado di protezione dell’indumento si riduce nel caso questo sia strappato, logoro, danneggiato o bagnato. La norma raccomanda inoltre di allegare al prodotto un piccolo opuscolo informativo per illustrare i pericoli dell’esposizione alle radiazioni UV. È importante sottolineare che si tratta generalmente  di capi di abbigliamento leggeri, pratici, confortevoli, che si trovano già sul mercato e che sono facilmente reperibili nei negozi (soprattutto sportivi) e nei grandi centri commerciali.

I requisiti minimi del tessuto, specificati nella norma, assicurano una protezione sufficiente per tutte le situazioni (tranne quelle più estreme che è molto improbabile che si verifichino alle latitudini italiane), mentre le specifiche di progettazione degli indumenti assicurano che la produzione e commercializzazione non siano penalizzate, e anzi il prodotto possa essere valorizzato per le sue speciali caratteristiche.

figura 15

Fig. 2 Pittogramma per indumento di protezione anti-UV conforme alle norme UNI EN 13758-2: UPF 40

 

Creme solari
I prodotti antisolari (creme con filtri solari) hanno dimostrato la loro validità nel ridurre l’incidenza sia di alterazioni neoplastiche epiteliali della cute che le altre alterazioni conosciute come fotoinvecchiamento. 
Va comunque tenuto conto che, nel caso di numerose lavorazioni outdoor –particolarmente in agricoltura, giardinaggio, edilizia - a causa di possibili effetti fotoallergici e fototossici associati alla esposizione simultanea a sostanze chimiche (es. antiparassitari) o vegetali (es. bergamotto, ombrellifere etc.) durante l’impiego di creme solari- è necessario che la scelta della crema solare sia effettuata con il coinvolgimento del Medico Competente
Importante è controllare sull'etichetta del prodotto antisolare il fattore di protezione SPF (Sun Protection Factor) o IP (Indice di Protezione).
Si raccomanda l’uso di stick a protezione totale per naso e labbra e parti del volto maggiormente esposte a luce riflessa: si ricorda che cappelli  protettivi –anche a tesa larga - possono schermare solo da luce diretta.
Il SPF di un prodotto antisolare viene stabilito misurando il tempo di esposizione solare necessario a far comparire l'eritema sia su una zona di pelle in cui viene applicato il prodotto sia su una zona non protetta. Il rapporto tra i due tempi è il SPF del prodotto: quindi un SFP di 10 significa che quel prodotto antisolare moltiplica per dieci il tempo di esposizione al sole senza comparsa di eritema.
Maggiore è il numero di SPF, più elevata è la protezione. Non dimentichiamo, comunque, che il tempo di comparsa di eritema varia da persona a persona a secondo del fototipo. 

Protezione degli occhi

Gli occhi devono essere protetti con occhiali da sole. È importante che gli occhiali da sole forniscano una buona protezione dalla radiazione ultravioletta, questo è garantito dalla dicitura sulla confezione "Bloccano il 99% dei raggi ultravioletti"..
Sono da scegliere  i prodotti conformi alla norma tecnica armonizzata UNI EN 1836 in quanto essa rappresenta lo strumento migliore per rispondere ai requisiti di sicurezza obbligatori stabiliti dalla legge. Il fabbricante che intende immettere sul mercato gli occhiali da sole deve in ogni caso apporre sul prodotto la marcatura CE: con que­sta operazione il fabbricante attesta che il prodotto risponde a tutti i requisiti essenziali di sicurezza previsti per legge.
 Aggiungendo l’indicazione che il prodotto è conforme alla norma UNI EN 1836 il fabbricante dà al consumatore un’ulteriore garanzia: cioè che la sicurezza è stata ottenuta usando una norma tecnica riconosciuta. Il fabbricante ha inoltre l’obbligo di preparare e fornire con il prodotto una nota  informativa contenente, oltre al nome e all’indirizzo, ogni altra informazione utile (ad esempio le istruzioni per la manutenzione e la pulizia, il significato della marcatura, ecc.).La nota informativa deve essere redatta in modo preciso, comprensibile e almeno nella lingua ufficiale dello Stato dove il  prodotto viene distribuito. Il rivenditore ha l’obbligo di mettere in commercio solo occhiali che siano provvisti di marcatura CE e della nota informativa. La marcatura CE deve essere apposta sul prodotto in modo visibile, leggibile, indelebile ed inconfondibile.

Gli occhiali devono essere ben aderenti al fine di non permettere il passaggio della radiazione UV da sopra o da lato delle lenti.

 La formazione e l’informazione dei lavoratori
Nel processo di gestione della sicurezza e protezione della salute dei lavoratori il Testo Unico pone particolare attenzione alla formazione ed informazione del lavoratore in merito ai rischi specifici presenti negli ambienti di lavoro in cui opera ed alle misure di prevenzione e protezione applicabili. Il Decreto prevede che la formazione debba essere effettuata all’atto di assunzione del lavoratore e costantemente aggiornata in caso di cambio mansione o nel caso di variazioni nel ciclo lavorativo che comportino l’introduzione di nuovi rischi per la salute quali l’introduzione di nuove sostanze o nuove attrezzature. Lo scopo di questa formazione dovrà essere quello di far acquistare al lavoratore la piena consapevolezza dei rischi e degli interventi necessari per prevenirli e tale processo di formazione dovrà essere strutturato in maniera tale che il lavoratore non sia soltanto il destinatario di norme da osservare, ma divenga l’artefice della propria e della altrui sicurezza nell’ambiente di lavoro.
Pertanto nel caso dei lavoratori che operano a bordo dei pescherecci  l’informazione in merito al rischio di esposizione UV dovrà vertere in particolar modo sui seguenti punti:

  • il rischio da esposizione a UV: in particolare come varia l’esposizione nelle differenti condizioni metereologiche, e ore del giorno
  • gli effetti sulla salute (neoplastici e non)
  • i fattori individuali di ipersuscettibilità (fototipo, familiarità, assunzione di farmaci)
  • le metodiche di prevenzione da adottare

I contenuti della formazione dovranno invece essere principalmente incentrati sui seguenti aspetti:

  • comportamenti specifici da adottare in relazione all’esposizione al sole sia lavorativa che extralavorativa
  • uso adeguato dei mezzi di protezione individuale (indumenti anti UV, occhiali, prodotti antisolari)
  • -l’uso adeguato dei mezzi di protezione collettiva: tendoni oscuranti, e aree di lavoro ombreggiate;
  • il controllo periodico della propria pelle.

A tale riguardo sarà importante che il lavoratore assimili i seguenti concetti:

L'autoesame della pelle, eseguito regolarmente, può permettere di scoprire i tumori della pelle precocemente, quando sono più facili da curare e le probabilità di guarigione sono enormemente maggiori.
Il momento migliore per fare un autoesame della pelle è dopo il bagno o la doccia. Per meglio esaminare la pelle è bene porsi completamente nudi, in un ambiente ben illuminato, davanti ad un grande specchio per esaminare la superficie anteriore del corpo. Con un piccolo specchio in mano dare le spalle allo specchio grande per vedere le zone meno accessibili (dorso, collo, orecchi, ecc.). Può essere utile farsi aiutare da un familiare.
Vanno controllate  tutte le zone del corpo, compreso il cuoio capelluto (per far questo possiamo aiutarci con un phon o con un pettine per spostare i capelli).
I tumori della pelle non melanocitari (epiteliomi spinocellulari e basocellulari) compaiono di solito nelle zone esposte al sole.
Il lavoratore dovrà essere formato a controllare e prestare attenzione alla presenza di lesioni arrossate e squamose o piccole ferite che non guariscono sul volto, testa, orecchie, collo, braccia e mani. Particolare attenzione a crosticine, apparentemente banali, che tolte tendono a riformarsi continuamente senza guarire.
Importante è sempre controllare i propri nei, prestando attenzione ad eventuali cambiamenti di nei già presenti o all'insorgenza di nuovi nei. Il melanoma può insorgere su un neo presente da tempo o su una zona di pelle senza nei.

Se si notano in un neo i seguenti caratteri è bene rivolgersi subito al dermatologo:
 Forma irregolare, con una metà della lesione di grandezza diversa dall'altra
Bordi irregolari, smerlati, con aspetto a carta geografica
 Colore non uniforme, presenza di più colori (nero, bruno, rosso, rosa), variazioni nel colore
Diametro superiore a 6 millimetri o aumento delle dimensioni negli ultimi mesi
 Modifiche del suo aspetto, delle dimensioni (ingrandimento) e sanguinamento spontaneo.
In caso di cambiamenti di un nuovo neo, insorgenza di un neo, presenza di lesioni che non guariscono o di ogni altra variazione sospetta, consultare sempre un dermatologo.
Questa raccomandazione è valida per chiunque ed a maggior ragione per chi ha passato la propria vita lavorando a bordo di pescherecci.

Nell’ambito della formazione sarà opportuno infine sottolineare i seguenti aspetti:

  • non esiste una precisa relazione dose-risposta tra esposizione a radiazione UV e patologie fotoindotte, in particolare patologie neoplastiche, per cui non è possibile fissare un valore soglia al di sotto del quale non vi sia la comparsa di tali patologie
  • la comparsa delle patologie fotoindotte è influenzata anche da fattori costituzionali del soggetto (fototipo, familiarità)
  • anche  l’esposizione extraprofessionale a radiazione solare  è fonte di rischio;
  • vi possono essere altri fattori professionali che possono causare patologie cutanee simili alle fotoindotte (ad esempio l’epitelioma spinocellulare causato dall’esposizione a idrocarburi aromatici policiclici ).

 

 

 

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