Nei luoghi di lavoro che prevedono mansioni svolte all'aperto l'esposizione a Radiazione Solare (RS) costituisce un fattore di rischio per i lavoratori. Le componenti della RS che giungono sulla superficie terrestre e che hanno degli effetti per la salute dei lavoratori esposti si collocano nell'intervallo di spettro elettromagnetico della radiazione ottica che comprende le tre bande spettrali: ultravioletta (UV), visibile ed infrarossa (IR). (Figura A.1)
La figura A.1 mostra il tipico spettro della radiazione solare per illuminazione diretta sia all'esterno dell'atmosfera terrestre che al livello del mare. Il sole produce una radiazione elettromagnetica con una distribuzione spettrale simile a quella emessa da un corpo nero a 5778 °K (5505 °C) che è approssimativamente la temperatura superficiale del sole. Nell'attraversare l'atmosfera, parte della radiazione è assorbita dai gas in specifiche bande di assorbimento. Le curve sono basate sugli spettri di riferimento dell'American Society for Testing and Materials (ASTM). Sono indicate le regioni per l'ultravioletto, il visibile e l’infrarosso.
Di tutto lo spettro solare che raggiunge la superficie terrestre, solo la porzione con lunghezza d'onda compresa tra i 380 e i 780 nanometri è in grado di produrre stimolazione retinica, e pertanto appartiene alla banda del visibile. Le lunghezze d'onda inferiori ai 400 nm fanno parte della regione dell'ultravioletto mentre la banda dell'infrarosso parte da lunghezze d'onda superiori ai 700 nanometri. Si noti che negli intervalli 380-400 nm e 700-780 nm la banda del visibile si sovrappone, rispettivamente, con quella degli UV e con quella degli IR.
La componente ultravioletta (UV) della RS è quella che pone i maggiori rischi per la salute umana.
La radiazione UVC (100-280 nm) viene completamente assorbita nell'alta atmosfera dall'ozono e dall'ossigeno; la quasi totalità della radiazione UVB (280-315 nm), viene assorbita dall'ozono presente in stratosfera (circa l’80-90%) mentre la maggior parte della radiazione UVA (315-400 nm) riesce a passare indenne attraverso l’atmosfera. La radiazione ultravioletta che raggiunge la superficie terrestre è costituita pertanto in larga percentuale da UVA e in piccola parte da UVB.
Per quanto concerne la componente solare della radiazione infrarossa (IR), va detto che questa non è in genere di entità tale da produrre danni a carico di occhi e cute per i lavoratori outdoor, e gli effetti di natura termica dovuti alla radiazione IR sono trattati nel documento Linee di Indirizzo Coordinamento Interregionale Microclima.
Esistono inoltre altre sorgenti di radiazione ottica di origine naturale differenti dalla radiazione solare. Tra queste le uniche che possono causare esposizioni rilevanti ad IR e luce visibile per lavoratori outdoor possono essere ricondotte a sorgenti quali le colate di lava incandescente sulle pendici dei vulcani in attività eruttiva, per i lavoratori che operano nel settore delle emergenze, delle infrastrutture e della ricerca.
Gli effetti sanitari avversi riconosciuti sono prevalentemente a carico della cute e degli occhi e possono essere con insorgenza sia a breve termine (effetti acuti) che a lungo termine (effetti cronici): questi ultimi sono dovuti a esposizioni protratte anche per anni, non infrequenti nei lavoratori con mansioni all'aperto. Tra gli effetti a lungo termine va sottolineato che la radiazione solare è stata classificata già dal 1992 nel Gruppo 11 degli agenti cancerogeni per gli esseri umani dall'International Agency of Research on Cancer (IARC), agenzia dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) deputata alla valutazione di cancerogenicità di sostanze, agenti e circostanze di esposizione. Tale valutazione è stata riconfermata nel 20122.
Un quadro riassuntivo degli effetti della radiazione solare è il seguente.
Effetti di tipo acuto a livello della cute
• Eritema solare, indotto essenzialmente dalla componente UVB. Nelle forme gravi (ustioni solari) un eritema marcato può accompagnarsi a edema e flittene (ustioni gravi) nelle zone foto-esposte.
• Induzione o esacerbazione di quadri clinici nei soggetti affetti da fotosensibilità (fotodermatosi) con reazioni in genere eritematose o maculo-papulari. Sono coinvolte le bande UVB e UVA, ma per alcune rare forme di fotodermatosi (ad esempio nell’orticaria solare) anche la radiazione visibile.
• Fotodermatiti da agenti fototossici. Sono determinate dalla azione combinata della radiazione solare e di molecole con particolari caratteristiche chimiche (agenti fototossici). Affinché la reazione avvenga è necessario che l’esposizione ai due fattori sia contemporanea, che la radiazione possegga la lunghezza d’onda idonea ad attivare la sostanza e che la quantità di energia elettromagnetica (cioè la dose della radiazione) sia sufficiente. Gli agenti fototossici possono raggiungere la cute (ma potenzialmente anche l’occhio) per contatto (come avviene ad esempio per gli psoraleni, presenti in numerosi vegetali, per i derivati del catrame e per alcuni farmaci topici come prometazina e clorpromazina) o per via sistemica entero-parenterale, ossia dopo l’ingestione o l’entrata in circolo: è il caso della maggior parte dei farmaci attivi per assorbimento (come sulfamidici e tetracicline). Le molecole dotate di fototossicità sono in grado di assorbire la radiazione luminosa secondo uno spettro loro proprio e gli effetti biologici a livello cellulare si traducono in danni nucleari, di membrana, degli organuli citoplasmatici ed in alterazione della sintesi di macromolecole. La banda spettrale più efficace nell’indurre reazioni di fototossicità è data dalla componente UVA, seguita dall’UVB. Tuttavia, per alcune sostanze fototossiche (ad esempio le porfirine) è sufficiente l’esposizione della cute alla radiazione visibile. La comparsa delle lesioni nelle fotodermatiti da fototossici raramente è immediata, più frequentemente compare a distanza di 12-48 ore dall’esposizione solare. Le lesioni cutanee sostanzialmente rappresentate da chiazze eritematose, eritemato-orticarioidi, papulose interessano diffusamente le aree fotoeposte del volto e del collo con caratteristico risparmio della regione sottomentoniera, retroauricolare e palpebrale superiore, ma possono interessare anche le aree fotoesposte del torace, degli avambracci e delle gambe con limiti netti rispetto alle parti coperte, nonché il dorso delle mani.
• Dermatiti foto allergiche da contatto. L’eczema o dermatite fotoallergica da contatto è determinato dall’azione combinata dell’esposizione a sostanze chimiche (“fotoapteni”) e alla radiazione solare, ma talora anche artificiale. Il meccanismo patogenetico che ne è alla base è rappresentato da una reazione allergica di tipo ritardato o cellulo-mediato (Ipersensibilità di Tipo IV secondo Gell e Coombs), del tutto analoga a quella operante nell’eczema allergico da contatto non fotomediato, ma è necessario uno stimolo luminoso che attivi il “fotoaptene”. Il fotoaptene è un proaptene o aptene primario che la fotostimolazione trasforma in un metabolita stabile (aptene secondario) in grado di legarsi ad una proteina, dando vita all’antigene completo capace di stimolare la reazione cellulo-mediata. Anche in tal caso la banda spettrale implicata è soprattutto l’UVA. Sono numerose le sostanze che possono causare eczema fotoallergico da contatto, tra questi i farmaci antiflogistici non steroidei per uso topico (in particolare il ketoprofene), i derivati dell’acido para-aminobenzoico, i cinnamati, i profumi (la maggior parte delle segnalazioni riguardano il muschio ambretta ed altri muschi sintetici, il balsamo del Perù e l’olio di bergamotto). Le lesioni cutanee sono classicamente di tipo eczematoso ed interessano le aree foto esposte in particolare, volto, scollo, regione nucale, dorso delle mani, superficie estensoria degli arti. Costantemente risparmiate la regione sottomentoniera, palpebrale superiore e retroauricolare, le pieghe del gomito ed i cavi poplitei. Caratteristico dell’eczema fotoallergico è tuttavia l’estendersi delle lesioni anche da aree non direttamente foto esposte (importante criterio di differenziazione rispetto alle dermatiti da agenti fototossici). La diagnostica di queste forma si avvale fondamentalmente del fotopatch test.
Gli agenti fototossici ed i fotoapteni sono molto numerosi (si veda al riguardo la FAQ C.4), ma quelli più frequentemente coinvolti sono alcune categorie di farmaci e alcuni tipi di piante. Alcuni agenti hanno potenziale solo fototossico, altri solo fotoallergico, altri ancora sia fototossico che foto allergico (es. derivati fenotiazinici quali prometazina e clorpromazina).
• Immunosoppressione. L’esposizione alla componente UVB e, in minor misura, UVA della RS può tradursi nella soppressione a livello locale dell’immunità acquisita. L’effetto immunosoppressivo UV-indotto può riattivare infezioni virali latenti, ad esempio herpes simplex.
Effetti a lungo termine a livello della cute
• Cancerogenicità. La RS è un cancerogeno certo per l’uomo (gruppo 1 IARC). Può infatti causare sia carcinomi (ovvero epiteliomi) baso-cellulari (BCC) e squamo-cellulari (SCC) sia il melanoma maligno (MM). La componente spettrale più attiva è l’UVB, ma anche alla componente UVA è riconosciuta azione cancerogena: la IARC classifica infatti come cancerogeni per l’uomo non solo la radiazione solare nel suo insieme, ma anche l’intero spettro della radiazione ultravioletta, che include le bande spettrali UVC, UVB e UVA. La RS può inoltre causare lesioni preneoplastiche quali le cheratosi attiniche, una parte delle quali può evolvere in carcinomi squamocellulari.
• Fotoinvecchiamento. È legato soprattutto all’esposizione cumulativa alla radiazione UVA solare, con un ruolo importante anche per l’UVB. Si sovrappone al normale invecchiamento fisiologico della cute, interessa non solo l’epidermide ma soprattutto il derma e può dare origine a quadri differenti e con diversa gradazione (valutabili mediante l’indice di Glogau, una classificazione sistematica tra le più utilizzate dei tipi di pazienti con fotoinvecchiamento della cute che prevede 4 classi in base al grado di rugosità e di altre modificazioni presenti nella cute).
Effetti di tipo acuto a livello dell’occhio
Le lesioni si possono determinare o per osservazione diretta della luce solare o per esposizione a superfici fortemente riflettenti come distese di neve, di ghiaccio, di acqua, di sabbia chiara, ampie superfici marmoree o metalliche o altri materiali da costruzione. A carico della superficie oculare possono manifestarsi fotocongiuntivite, per interessamento della membrana congiuntivale esposta, o fotocheratite per il coinvolgimento della cornea; più frequentemente risultano colpite entrambe le strutture (foto-cheratocongiuntivite) in grado variabile a seconda dell'intensità della radiazione incidente e della durata dell'esposizione alla stessa. I sintomi di tali eventi acuti sono rappresentati da irritazione, lacrimazione, sensazione di corpo estraneo, dolore; il trattamento farmacologico locale consente la regressione del quadro clinico in 3-7 giorni in assenza di esiti anatomo-funzionali permanenti. Tuttavia la reiterazione di tali eventi può favorire lesioni croniche cherato-congiuntivali successivamente illustrate. A livello retinico il quadro clinico acuto è quello della maculopatia fototossica (interessa la macula, area centrale della retina deputata alla visione distinta) correlata perlopiù ad osservazione diretta della luce solare (es.: eclissi solare). È attribuita alla componente più energetica dello spettro visibile (luce blu-violetta) e può causare danni funzionali transitori ma anche permanenti ed inemendabili (riduzione dell'acutezza visiva, alterazione della percezione cromatica).
Le attività lavorative outdoor nelle quali più frequentemente si possono verificare questi quadri clinici sono quelle espletate in alta montagna, sulla neve o sui ghiacciai (oftalmia nivalis), come pure quelle della navigazione e della pesca, nelle cave di marmo e nell’edilizia.
Effetti di tipo cronico a livello dell’occhio
• Pinguecola. Si tratta di una formazione degenerativa di natura non tumorale che si forma a livello della congiuntiva e che appare come una piccola escrescenza generalmente di colore giallastro leggermente rialzata. Di solito interessa la sclera ed è localizzata nelle porzioni nasali e temporali della periferia corneale. Di rado richiede un trattamento, a meno che la lesione non si infiammi e causi gonfiore, dolore o secchezza, nel qual caso è previsto l’utilizzo di farmaci antiinfiammatori e/o di lacrime artificiali.
• Pterigio. Alterazione degenerativa del margine corneo sclerale più spesso localizzata al lato nasale; ha forma triangolare a base esterna ed apice che progressivamente si estende sulla cornea opacizzandola e deformandone la curvatura (astigmatismo). Può essere monolaterale o bilaterale, ma solitamente con esordio asincrono; più raramente può interessare sia il lato nasale che quello temporale. Il trattamento è chirurgico e non infrequenti sono le recidive.
• Cataratta. L’esposizione cronica (anni) alla RS può associarsi all’insorgenza di cataratta, di tipo soprattutto corticale, e, meno frequentemente, nucleare. In questo caso il ruolo eziologico si ritiene svolto in particolare dalla radiazione UVA e in parte dai raggi UVB. Questi meccanismi sono comuni anche alla cataratta senile tuttavia nel caso di esposizione professionale i fisiologici fenomeni degenerativi che determinano lo sviluppo della cataratta senile vengono accelerati comportando l’insorgenza dell’opacità del cristallino nelle fasce di età più giovani (cataratta presenile).
• Tumori oculari. Comprendono i rarissimi carcinomi squamo-cellulari della cornea e della congiuntiva (equivalenti a livello delle cellule epiteliali della superficie oculare del carcinoma squamocellulare della cute), per i quali l’associazione con l’esposizione cronica ad UV solari è dimostrata, ed il melanoma oculare. È importante distinguere il melanoma della congiuntiva dal melanoma della coroide (o uveale); il primo ha origine dalle cellule melanocitarie della congiuntiva (derivazione ectodermica come la cute), è estremamente raro (0,1 casi/anno/milione di abitanti) ed è dimostrata una correlazione con l'esposizione a RS (UVA) analogamente al melanoma cutaneo. Il secondo origina da cellule pigmentate della coroide (derivazione mesodermica) ha incidenza pari a 5-10 casi/anno/milione di ab e per esso NON è chiaramente dimostrata la correlazione con esposizione a RS.
La IARC nella monografia specifica sulle Radiazioni 100D del 2012 sulla base delle evidenze disponibili conclude che c’è limitata evidenza di cancerogenicità per melanoma oculare ed esposizione a radiazione solare2. Si ritiene opportuno specificare che tale evidenza scientifica sia da riferirsi al melanoma della coroide e a tutti i melanomi interessanti il bulbo oculare.
• Degenerazione maculare legata all’età. Il dato epidemiologico suggerisce un’associazione tra esposizione cronica (anni) alla RS e lesioni a livello della retina, soprattutto per quanto riguarda la macula, che vengono attribuite alla componente più energetica dello spettro visibile (luce blu-violetta) e/o alla residua componente UVA (meno dell’1% in età adulta) che raggiunge la retina, ma anche in questo caso non è stata ancora dimostrata una forte relazione causale.
Effetti di tipo indiretto
L’esposizione alla RS può inoltre avere effetti indiretti. Il principale è rappresentato dall’abbagliamento dovuto alla componente visibile. Quest’ultimo, che deriva essenzialmente dalla riflessione della luce solare da parte di superfici lisce e altamente riflettenti (quali molte superfici metalliche), può essere semplicemente fastidioso (abbagliamento fastidioso) o inibire temporaneamente la funzione visiva (abbagliamento inabilitante) che può condurre, in alcune condizioni, ad un aumento del rischio di infortuni.
Anche le reazioni di fotosensibilizzazione possono essere incluse tra gli effetti indiretti essendo dovute non all’azione diretta della radiazione sul tessuto, ma alla presenza di una sostanza che viene foto-attivata (Vedi FAQ C4).